L'Europa e la liberta
Migrazioni, universalismo e particolarismo nell'era della globalizzazione
I diritti umani sono universali o particolari? Oltre che universali, sono assoluti? Al di là della filosofia, mai come negli ultimi anni queste domande hanno assunto un nuovo valore politico. Pensiamo al confronto dell’Occidente con regimi come la Cina, che sui propri “affari interni” ha costruito la giustificazione per la deportazione e la sostituzione etnica di milioni di Uiguri e altre minoranze etniche, per la soppressione della democrazia a Hong Kong. Pensiamo anche al difficile rapporto con il Medio Oriente. Se i diritti umani sono universali, come è stato possibile abbandonare l’Afghanistan al suo destino? Se i diritti umani sono universali, come è possibile trattare con il regime iraniano?
Domande sui valori dei diritti umani che hanno investito la politica estera in ogni sua dimensione, a partire appunto dalle relazioni che i nostri Stati sono disposti ad avere con i regimi, e che hanno dei riflessi interni di decisiva importanza per quanto riguarda la dipendenza dai regimi a cui le democrazie sono assoggettate in alcuni settori. Un vaso di Pandora scoperchiato dalla pandemia, ad esempio la fornitura del materiale sanitario, come le mascherine, e la recente crisi energetica.
Non solo. Infatti, questo dibattito coinvolge ulteriori sfide interne. La disputa europea sull’immigrazione affonda le sue radici nel bilanciamento tra l’insostenibilità sociale ed economica di flussi migratori incontrollati e la necessità di affrontare un’emergenza umanitaria.
E ancora: il difficile equilibrio tra la tutela globale dei diritti individuali e quella degli interessi di sicurezza comune su internet e lo sfruttamento dei big data.
L’Unione Europea è stata, da questo punto di vista, un laboratorio dei diritti che ha contato successi, ad esempio il ruolo di pacificazione dei Balcani, e scontato insuccessi, come il fallimento del trattato costituzionale dell’Unione Europea e la Brexit. Una guida, quella di Bruxelles, che per la sua natura intrinsecamente multilaterale ha forse confuso il linguaggio dei diritti con la retorica dei diritti.
Per riordinare gli equivoci concettuali tipici del nostro tempo, è pertanto necessario riattivare in seno agli ordinamenti liberali il dibattito sulla natura dei diritti. Un dibattito che occorre estendere oltre al perimetro laico.
Per questo motivo, il presente libro offre l’opportunità di una visione inedita, una visione escatologica che, seppur abbia concluso il suo arco storico a seguito del processo di secolarizzazione, sprona a un forte spirito di responsabilità della storia europea e, di conseguenza, dei diritti e dei valori su cui si fondano le costituzioni europee.
Un’esigenza compresa da alcuni in Europa e rintracciabile anche nella vita politica del continente, come la visita di Macron al santuario di Lourdes.
Auguro pertanto una buona lettura delle riflessioni di seguito esposte da Maurizio Politi e Flavia Cerquoni, nella speranza di riappropriarci di un senso perduto dell’individuo necessario a ribadire l’universalità dei diritti umani nel mondo, perché, come ci ricorda Oriana Fallaci: “La libertà è un dovere prima che un diritto”.
Studio di Maurizio Politi e Flavia Cerquoni
Studio pubblicato dalla Fondazione Patriots for Europe